Jardin

Jardin, si chiama così perché quando scoprirono questa valle, nel 1860, l’abbondanza di fiori, di alberi da frutto, di piante, di uccelli, di ruscelli e di farfalle facevano ricordare un rigoglioso giardino.

Jardin divenne un paese di montagna, fatto di case colorate con balconi fioriti, di poche vie, di 14.000 abitanti. L’aria è fresca e inodore. L’acqua abbonda, sottoterra e dal cielo, rendendo i campi grossi grembi per le sementi. Le valli sono verdi ed oblique dove s’appoggia, volenteroso, il sole. Si sentono a tutte le ore gli zoccoli dei cavalli, le campane della chiesa e le solite, tremende e struggenti, canzoni d’amore dei bar della piazza. Ci sono quattro piccoli supermercati, un paio di farmacie, la posta, uno sportello bancomat, il municipio, la scuola, molti alberghetti. Nell’unica via del commercio c’è un gran traffico di pedoni, cavalli, carretti, contadini, comari, galline. I macellai portano sulle spalle come mantelli le carcasse di bovini squartati. I vecchi bevono caffè o rum nei bar della piazza, sempre di buon umore, spesso presi da un’euforia invidiabile. I pochi giovani del pueblo indossano stivali di gomma e stanno curvi nei campi, a seminare o raccogliere. Il mercoledì è il giorno di riposo, la domenica si và alla santa messa. Ci sono pochi teenager, non ci sono universitari, non ci sono né puttane né clienti, né droga, né semafori. I paesani sono di una gentilezza rara, quella autentica e disinteressata. Il saluto è un rosario di benedizioni, una cantilena che può durare molti minuti (Hola, buenos dias! Buenos dias, como esta? Muy bien, gracias a Dios, y ustedes como amanecieron? Excelente. Ohi, me alegro mucho, que Dios los bendigas! Igualmente). La Colombia è il Paese gentile delle Americhe forse perché è il Paese che ascolta più musica. Ci sono anche molti matti, poveri cristi, balordi. Ma sono diversi da quelli di città. Nessuno soffre di stress o nevrosi. Ad esempio il signore che cammina su e giù per la piazza, col bacino in avanti, le spalle indietro, i piedi aperti, lo sguardo tetro, una cicca in bocca, l’aria sicura e beffarda di un pistolero. O la signora, stinta e gobba che passa il giorno nel bar dell’angolo, culo alla sedia e mano al bastone, con un broncio insopportabile, di una solitudine atroce.

Dal pueblo partono delle camminate che seguono il dorso di una valle attraversando lunghe distese di banani e di piantagioni di caffè, cascate, pascoli e giardini fioriti. Si cammina spinti dalle farfalle, a cuor leggero, meglio se nelle prime ore del giorno o al tramonto. Una natura così sublime che ci si sorprende, dopo un paio di settimane passate ad osservarla, di avercela dentro e di non aver bisogno di molto altro. E così se ieri sbrodolavi insicurezza e paure come un acquazzone, oggi intrighi come una fitta foresta, e domani, probabilmente, apparirai come una limpida cascata oppure vulnerabile come una farfalla.